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"La cucina è una bricconcella; spesso e volentieri fa disperare, ma dà anche piacere, perché quelle volte che riuscite o avete superata una difficoltà, provate compiacimento e cantate vittoria...Ve l'offro dunque da semplice dilettante qual sono, sicuro di non ingannarvi, avendo provati e riprovati questi piatti da me medesimo… giungerete a farli bene e potrete anche migliorarli, imperocché io non presumo di aver toccato l'apice della perfezione." (Pellegrino Artusi)

Così l'Artusi introduceva il suo libro più di un secolo fa. Ed io, con le stesse parole e con la massima umiltà, introduco questo blog come ho fatto per il portale http://www.lenostrericette.it
Questo blog è la cronistoria degli avvenimenti in cucina e fuori miei, dei miei amici, di altri blogger... con lo scopo di diffondere conoscenze, scambiare opinioni, su una passione che abbiamo in comune. In questo caso la cucina, ovvero il mangiar bene e soprattutto sano...

lunedì 16 marzo 2015

Confettura di Arance e Arance Amare

Come per tutte le confetture e marmellate la regola è sempre la stessa: i migliori risultati si ottengono con frutti sani e che non abbiano toccato il frigorifero.

Di solito ho sempre fatto la versione con Arance Amare (frutti dell'arancio amaro o selvatico, Melangolo) che provenendo da giardini privati sono sicuro che non ci sono prodotti chimici e conservanti.

Quest'anno però ho avuto l'occasione tramite amici di Slow Food di avere una cassa di arance da coltivazione bio, senza alcun trattamento, direttamente da Ribera, dove viene prodotta l'omonima Arancia di Ribera DOP. Quindi ho fatto entrambe le versioni di confettura.
A me piace trovare tra la confettura pezzi di scorza e di polpa, ma nessuno vieta, mentre la confettura cuoce di tritarla con un frullatore ad immersione per renderla più omogenea.

Confettura di Arance

Ottima a colazione...
oppure con formaggi stagionati e/o erborinati
Con queste quantità si ottengono circa 1,6 Kg di confettura
  • 1 Kg. di Arance pronte
  • 0,75 Kg. di zucchero
  • 200 ml di acqua
  • 1 bacca di vaniglia
    Se si desidera fare la confettura con Arance Amare allora le dosi sono queste
    Con queste quantità si ottengono circa 2 Kg di confettura
    • 1 Kg. di Arance pronte
    • 1,3 Kg. di zucchero
    • 400 ml di acqua
    • 1 bacca di vaniglia
      Preparazione
      Mettere a bollire le arance per una decina di minuti poi metterle in acqua fredda e tenerle per due giorni cambiando l'acqua mattina e sera.
      Questa procedura serve per toglie l'amaro dato dalla buccia e dalla parte bianca intermedia.
      Con due o tre stecchini da denti forare la buccia in modo che l'acqua passi facilmente tra questa e gli spicchi.

      Tagliare le arance prima a metà e poi a strisce sottili. Se le arance fossero troppo mature e la buccia si stacca facilmente allora affettare separatamente la buccia e gli spicchi.

      Le arance tagliate
      A questo punto se ci sono dei semi toglierli e metterli a parte in una garza. È importante che i semi ci siano perché danno più aroma alla confettura.
      Come è importante che ci sia la fibra bianca degli spicchi (Albedo) perché ricco di fibra di antiossidanti, vitamina C e di pectina.

      Pesare e mettere al fuoco lo zucchero con l'acqua necessaria. Portare all'ebollizione quindi aggiungere le arance, la bacca di vaniglia e cuocere a fuoco basso mescolando spesso ed eventualmente schiumando almeno due ore e o fino alla consistenza desiderata.
      Invasare a caldo in vasi precedentemente sterilizzati. Riporre al buio e al fresco.

      Prima di chiudere i vasi inumidire i tappi ermetici con un goccio di rum o altro liquore. Oltre a sterilizzare ulteriormente il tappo ciò dona un gradevole aroma alla confettura.

      Le arance in cassetta
      Importante quando si fanno confetture e marmellate: etichettare i barattoli per sapere il contenuto e la data di produzione.


      Questa è l'etichetta di quest'anno, fatta con una normale stampante ink jet.

      Un ringraziamento particolare all'Azienda Contadini per Passione per l'ottimo prodotto realizzato.

      La ricetta è pubblicata su:

      lunedì 9 marzo 2015

      Baccalà sotto al pesto e Fagioli dall'Occhio

      La ricetta usa un procedimento usato spesso nella cucina Livornese detto mettere sotto il pesto il pesce. In realta non c'è nessun pesto, come si potrebbe pensare per quello Genovese o Siciliano. La base è un miscuglio di olio, aglio, peperoncino e aceto,
      In questo modo si può fare il baccalà ma anche il polpo, gli zerri, i datteri (cozze) ecc.
      Il procedimento è molto antico, che risale addirittura ai Romani. La necessità era di conservare il pesce, facilmente deperibile, per alcuni giorni. Per altre preparazioni si aggiunge la cipolla (come le sarde in saór Veneziane), il prezzemolo ecc.
      La mia personalizzazione è usare la pastella invece dell'infarinatura semplice. In questo modo si crea un contenitore che separa, in questo caso il baccalà, dalla marinatura, lasciando intatto il sapore e la morbidezza del baccalà che contrasta con l'acidità e il piccante della pastella che invece assorbe la marinata.
      Con la scoperta delle Americhe sono stati introdotti nel nostro continente cibi come le patate, il mais, i fagioli...questo lo sanno tutti. Ma non tutti sanno che il Fagiolo dall'Occhio è l’unico fagiolo autoctono del Vecchio Mondo, Originario di Africa e Asia; conosciuto già dagli antichi Greci e Romani e diffusamente coltivato nel nostro Paese durante il Medioevo. Un tempo, i fagioli dall’occhio erano molto usati, era un classico dell'orto di campagna, ora, invece, abbandonati dalla grossa distribuzione, sono quasi scomparsi. Invece il loro uso sarebbe molto consigliato. Come tutti i suoi parenti stretti i fagioli dall'occhio sono ricchi di sali minerali, proteine e fibre utili per una dieta sana. Sicuramente hanno un gusto particolare che si differenzia da tutti gli altri fagioli.
      Un filo d'olio a crudo e in tavola...
      Ingredienti per 4 porzioni
      • ½ Kg. di filetti di baccalà ammollato
      • 100 gr. farina
      • 150 ml acqua
      • 0,75 lt. olio di arachidi
      • 100 gr di fagioli dall'occhio secchi
      • 1/2 bicchiere di olio di oliva extravergine
      • 1/2 bicchiere di aceto
      • 2 spicchi d'aglio
      • 1 o 2 peperoncini
      • Prezzemolo
      • Una cipolla di tropea

      Preparazione

      Fagioli
      In acqua abbondante cuocere i fagioli secchi con uno spicchio d'aglio, per circa due ore e a fuoco basso. Salare al termine della cottura.
      Tagliare la cipolla a fette sottili e schiacquare un minuto con acqua fredda. Se piace si può mescolare ai fagioli cruda, se no, mettere a scaldare in una casseruola un cucchiio di olio e poi la cipolla a stufare a fuoco vivo per alcuni minuti.

      Baccalà
      In una bacinella in grado di contenere anche il baccalà, stemperare 125 gr. di farina in acqua creando una pastella non troppo liquida. Dovrebbero bastare circa 150 ml d'acqua. Lasciar riposare per almeno 30 minuti. Non aggiungere sale.

      Tagliare i filetti, già ammollati e sciacquati, in pezzi alti circa due dita. Con mezzo chilo di baccalà dovrebbero essere ottenuti circa quindici pezzi. Sgocciolarli bene, ed asciugarli con un panno carta. Inzuppare i pezzi di baccalà nella pastella facendo in modo che questa aderisca bene da ogni lato.

      Scaldare l'olio in una padella alta o in una friggitrice; appena caldo, mettere i filetti a friggere 5 minuti per lato. Girare i pezzi una volta sola per non staccare la pastella che dovrà risultare croccante e il baccalà interno morbido. Togliere i pezzi di baccalà e metterli a sgocciolare dall'olio in un vassoio con la carta assorbente. Meglio se si usa la carta gialla.
      Mettere il baccalà in una terrina o contenitore da frigo.

      Marinata (pesto)

      In un pentolino soffriggere l’aglio e il peperoncino tritati con l'olio EVO, poi versare l'aceto e il prezzemolo tritato, continuare a far bollire per circa cinque minuti.
      Versare la marinata ancora calda sul baccalà. Lasciar raffreddare, coprire e mettere in frigo per almeno un giorno.

      Abbinamento Vernaccia di San Gimignano, Bollicine

      La ricetta è pubblicata su:

      venerdì 6 marzo 2015

      Il Mio Cacciucco Livornese

      Il Cacciucco è forse il prodotto più conosciuto della cucina labronica, incluso in un apposito elenco, predisposto dal Ministero delle Politiche Agricole per i prodotti agroalimentari tradizionali italiani (PAT) per la Toscana. Sono prodotti inclusi in un apposito elenco, predisposto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali con la collaborazione delle Regioni.
      Nel 1998 il Cacciucco è stato anche al centro di polemiche tra autorità, ristoratori Livornesi e una nota industria alimentare che aveva commercializzato una zuppa di mare congelata, diversa dal piatto labronico, con l’appellativo di “Cacciucco”. Il prodotto fu lanciato con uno spot in cui compariva il bravissimo Diego Abatantuono. L’allora sindaco di Livorno insieme ai ristoratori Livornesi si batterono contro la nota azienda alimentare. I “rivoltosi” con l’aiuto del giornale Il Tirreno riuscirono a far cambiare la denominazione del prodotto all’azienda da Cacciucco a Zuppa di Pesce.

      Il Cacciucco (con cinque C come solitamente si specifica) è una zuppa fatta con molti tipi pesce, ed essendo di primaria importanza utilizzare pesce fresco, non è possibile definire una ricetta rigida, ma ci si deve basare su quello che è disponibile al momento.
      La ricetta descritta di seguito è la mia ricetta che scaturisce dall'esigenza di aggiornare, almeno nella presentazione, una ricetta tradizionale che obiettivamente al giorno d'oggi, come è proposta da tanti ristoranti e trattorie, pesante e brutta da vedersi è obsoleta, Mantenendo però la filosofia e il gusto principale del piatto.

      Questo è quello che mi piacerebbe fosse servito al ristorante
      Ingredienti 4 - 6 porzioni
      • 400 gr. di seppie 
      • 400 gr. di polpi  
      • 300 gr. di palombo a tranci (o murena o tracina o grongo)
      • 500 gr. di pesce vario detto “da minestra” (gallinella, cappone, scorfano)
      • 300 gr. Crostacei (se in stagione cicale altrimenti gamberi o mazzancolle)
      • 300 gr. di Cozze
      • 400 gr. pomodori maturi pelati e senza semi
      • 1 o 2 cucchiai di concentrato di pomodoro
      • ½ bicchiere d’olio extravergine d’oliva
      • ½ bicchiere di vino rosso 
      • 2 fette di pane di campagna raffermo a porzione
      • Aglio, peperoncino, prezzemolo
      • Cipolla carota sedano
      • Salvia
      Importante deve essere l'assortimento dei vari tipi di pesce a seconda di cosa offre il mercato. Nella mia ricetta ho usato meno vino, meno pomodoro, meno aglio e meno peperoncino, della ricetta standard, di conseguenza il sugo sarà più chiaro e meno piccante.
      Preparazione
      Per la preparazione ho adottato un procedimento che è più laborioso e lungo del procedimento tradizionale che prevede i pesci interi, con le lische, ma in questo modo il piatto sarà più attraente e più leggero.
      I pesci medi e grossi si sfilettano i piccoli si mettono nel brodo
      Il procedimento prevede la cottura dei pesci separatamente. In una pentola si mettono a lessare in un litro e mezzo circa di acqua mezza cipolla, una carota, un gambo di sedano e i pesci piccoli da minestra. Se ci sono pesci più grandi, (come gli scorfani in foto) allora sfilettarli e mettere le teste e lische. I filetti si cuoceranno all'ultimo insieme alle cozze e alle cicale. Volendo si può fare anche più brodo, magari la sera prima e usarlo come base per un'ottima minestra di pesce.

      Portare all’ebollizione ed abbassare il fuoco. Eventualmente schiumare. Il tempo di cottura varia in base alla dimensione dei pesci, dai 20 ai 30 minuti. A cottura ultimata lasciare raffreddare il pesce nel brodo.

      Togliere le polpe dai pesci, metterle da parte perché andranno aggiunte al cacciucco quasi a fine cottura. Passare le lische e le teste con il passaverdura e unirle al brodo.
      Filtrare il tutto con un colino fine o cinese. Tale brodo andrà unito al sugo.

      In una grande casseruola soffriggere l’aglio e il peperoncino con due cucchiai di concentrato e due o tre foglie di salvia; successivamente mettere a rosolare a fuoco vivo dapprima i polpi, ben battuti, e dopo una decina di minuti anche le seppie. In genere si usano polpi e seppie piccoli, da servire uno a porzione. Se si utilizzano polpi e seppie grandi allora tagliarli a pezzi.

      Dopo qualche minuto innaffiare con il vino rosso, lasciar sfumare appena e poi aggiungere i pomodori. Si abbassa il fuoco e si copre parzialmente inserendo un mestolo a contrasto per non far chiudere il coperchio.

      Dopo circa 15 minuti aggiungere il brodo preparato precedentemente e cominciare ad aggiungere il pesce partendo da quello meno tenero e piccolo, murena, tracina, palombo, scorfano, gallinella…
      Nel frattempo pulire e levare le barbe alle cozze.

      Dopo ancora 15 minuti aggiungere i filetti di le cozze e le cicale e una bella dose di trito di prezzemolo che cuoceranno al massimo per altri 10 minuti. Spengere il fuoco e coprire in attessa di servire.

      In alto polpi seppie, cozze e pane agliato. In basso palombo cicala filetti di scorfano. Al centro cicala.
      Il cacciucco si serve mettendo due fette di pane abbrustolito uno agliato e uno no, aggiungendo i pesci separati per specie, polpetti e seppie, palombo, i vari pezzi di pesce, le cozze, i crostacei ecc. adagiati su un cucchiaio di sugo. Altro sugo magari diluito con l'acqua delle cozze andrà servito a parte, fumante, in modo da versarlo sui pesci in tavola.
      Abbinamento: vino rosso Chianti giovane

      Ricetta codificata originale sul sito lenostrericette.it

      Versione tipica tradizionale
      Nota storica:
      Da “Livorno Nostra” di Gastone Razzaguta 1915 Gastone Razzaguta, nel suo libro, afferma che furono i primi abitanti del Porto di Labrone (come Cicerone sembra avesse indicato il porto di Livorno) a combinare «un piatto» di divina ispirazione che li avrebbe resi celebri nel tempo a venire. Ecco l'antica ricetta tramandataci dallo stesso, tratta da una parte della ricostruzione “storica” di Livorno. Tra le fatiche di Ercole Labrone si legge: “ Il Cacciucco “ Il Signore apprezzò l’orgoglio de’Labronici. E l’ispirò di combinare un “ piatto “ che li ricordasse nel tempo. E preso un tegamo ci messero dell’olio di oliva e della salvia e dell’aglio tritato e del sale. E fecero soffriggere e rosolare bene. E poi allungarono con acqua e pomodoro a pezzi. E drogarono con pepe e molto zenzero. E fecero ritirare quell’intingolo. E poi presi i polpi e gattucci e gronghi, li tagliarono, e ci aggiunsero scorpani e gallinelle e cicale intere. E tutto buttarono nell’abbondante salsa tirata. E fecero foco lento perché cuocesse e saporisse bene. E poi affettarono molto pane e l’arrostirono e lo strusciarono coll’aglio. E lo messero in un catino. E ci versarono sopra quella broda col pesce. E dopo una preghiera al Signore mangiarono quella zuppa che trovarono sana e forte com’erano loro. Allora dissero: “ come dall’insieme di questi rozzi pesci è sortito un buon piatto, così da noi verrà la bella cosa voluta dal Cielo. Perché sulla terra del nostro Villaggio cogli anni crescerà una gran “ pianta “. Sia questo il nostro “ Piatto della ricordanza “. E lo mangino i nostri figli e' figli de’nostri figli. E così fino alla consumazione de’ secoli. E ' Labronici si strinsero la destra giurando fedeltà. E chiamarono quella vivanda piccante Cacciucco.

      Altri approfondimenti sulle origini e la storia del cacciucco.